venerdì 2 ottobre 2015

Mostra personale "VENUSTAS SALUTEM AFFERENS"


Madre Perduta

Desiderante Smarrito

Nascita di Venere



L'Acqua del Cambiamento



La mostra personale “Venustas Salutem Afferens” ha luogo nella torre civica di Mozzanica (BG); il suo sviluppo verticale mi ha fatto ragionare su un percorso di tipo ascensionale, in qualche modo salvifico, come nella Commedia dantesca, dove grazie all’intercessione del Femminile si diventa “beati”. Non ho voluto fare una illustrazione, ma, elaborando il tema sono giunto a queste pur temporanee conclusioni:
si parte dal basso, dall’ “inferno” in terra, dall’angoscia di chi non ha più una stella da seguire nel cammino della sua vita. “Desiderante Smarrito” ci parla di questo, di un desiderante -e perciò di chi si orienta grazie alle stelle, come i marinai- che però non riesce più a vedere quella Venere lucente che è la Bellezza che dovrebbe guidare l’Uomo. Venere come “stella del mattino” e “stella maris”, ma Venere anche come divinità femminile e quindi il Femminile che genera Vita in senso più ampio. “Madre Perduta” è da leggere in questo senso: questa stella che però è ammantata di tenebra. Di più: Venere nasce dal mare come il pecten, ossia la conchiglia che è rotta davanti al Desiderante, e il mare è Acqua, che è Vita, e l’acqua che al contempo scorre e rappresenta quindi un percorso, un cammino, una evoluzione e una crescita; non a caso è il simbolo dei pellegrini. Conchiglia rotta che significa che il percorso si è interrotto, e che il navigare in un mare di tenebra rende il remo inutile.
Salendo si passa alla “Nascita di Venere”: la storia della nascita di Venere inizia quando Kronos, divinità del tempo, recide gli attributi del padre Urano, divinità del cielo e “delle idee”, il quale non permetteva ai figli che generava con Gea, la terra, di far parte del mondo. Togliendo il dominio ad Urano, Kronos permette che questi figli possano entrare a far parte finalmente dello spazio e del tempo, liberandoli dall’essere solo trascendenza e completandoli con la parte “reale” fisica. Dalla schiuma causata dalla caduta degli attributi di Urano nel mar Mediterraneo, sulle coste dell’Africa nasce Afrodite, Venere, dea della Bellezza Radiante –Bellezza che concilia la bellezza dello Spirito con la bellezza esteriore e che irradia rendendo migliore chi le sta intorno-, che come gli altri dèi si manifesta nel mondo. Bellezza che quindi viene sia da Urano che da Kronos, che ha in sé caratteristiche sia trascendenti che immanenti.
La clessidra è il simbolo del Tempo che inizia a scorrere, e sopra vi è una “bussola”, una rosa dei venti che indica le direzioni e perciò lo Spazio nel quale il tempo scorre. Di più: Venere è la stella del mattino, la stella che i marinai seguivano per non perdersi, perciò la stella della Bellezza in senso vero da seguire per l’Uomo per vivere nel miglior modo.
La conchiglia, il pecten è invece, come si scriveva all’inizio, simbolo dell’acqua che è vita e cambiamento, e del pellegrino che è colui che viaggia nel percorso della vita, che dovrebbe cercare questa Bellezza che può cambiarlo e renderlo Vero e Vivo.
I bracciali sul braccio destro, il quale è simbolo della razionalità, indicano che questa è legata e non può essere sufficiente da sola a comprendere la Bellezza, ma ha bisogno della Passione, dell'irrazionalità, della follia del credere a qualcosa che c'è, che si sente, ma non si vede, e quindi della mano sinistra che regge (e perciò è direttamente a contatto) un rametto di mirto: è il rametto della pianta dietro alla quale Afrodite-Venere si nasconde dopo essere nata, che diventa quindi sacro a lei e porta i significati di Bellezza e di Femminile.

Al terzo piano vi è una fotografia insieme ad una poesia: la fotografia mostra una Luna, e perciò il simbolo archetipico del Femminile che è nel firmamento come le stelle che indicano la via, che nonostante il suo essersi rivelata rimane ancora per qualche motivo irraggiungibile. La poesia recita:
“Dietro sbarre d’eterea prigione
Irraggiungibile, pari, mia Luna;
Mi trafiggi senza pietà alcuna
D’inconsapevole radiazione.”

Il quarto piano presenta il disegno “Stella del Mattino” allestito insieme ad un vasetto con un rametto di mirto e un’altra poesia:
“Varco per l'universo, Stella radiante,

Via del mistero lucente,

Da te traspare argenteo, inebriante,

Il dolce lume fuggente.”

La Stella del Mattino (tra gli epiteti di Venere) come già scritto era ciò che guidava i marinai e i soldati durante la notte: come questi “desiderantes” cercavano la propria via, l’uomo usa come “bussola” la stella più luminosa, la stella della Bellezza che è Veritas.

Le ciliegie sono simbolo di questa Bellezza che è stata portata a compimento, che ha dato frutto: esse sono il frutto che nasce dal fiore di ciliegio, il quale ha cinque petali; il numero cinque è legato a Venere e simboleggia l’armonia dei quattro elementi con la presenza del quinto che è lo spirituale, il trascendente, e non è casuale che le stelle nella tradizione iconografica siano raffigurate con cinque punte.

Perciò è solo seguendo la Bellezza che si porta a frutto ciò che abbiamo in potenza: è nella mano sinistra che lei regge le ciliegie, come a dire che è solo appassionandosi alla Bellezza che si diviene migliori, poiché la razionalità per quanto necessaria ha bisogno della Passione, che è Pathos e quindi la capacità “irrazionale” di “sentire” oltre, di amare e saper soffrire per ciò che si ama. Di più: le ciliegie sono tre (numero dell’eternità: l’uno che si completa nel due e si proietta nell’eternità nel tre), e formano un triangolo che punta verso lo spettatore, e per estensione il mondo reale; i piccioli invece formano una piramide che punta verso l’alto, il trascendente, a ribadire la presenza dei due elementi nella Bellezza.

Le ciliegie sono legate a Maria (“nuova Venere”, varco per l’universo), in un episodio raccontato in versioni differenti ma con epiloghi uguali sia nel vangelo apocrifo dello Pseudo Matteo, sia nel Corano: mentre lei era incinta si narra che Giuseppe, tornando dal lavoro, venisse chiamato da lei che lo aspettava sotto un albero di ciliegio; essendo incinta le era venuta la voglia di mangiare dei frutti di quell’albero, però erano troppo in alto perché lei riuscisse a prenderli. Maria chiese a Giuseppe di provvedere, ma lui, ancora scettico nei confronti della paternità del Figlio (aveva avuto sì un sogno, ma chi si fida completamente di un sogno?), fece prevalere il risentimento e rispose che non l’avrebbe fatto, e che fosse il padre di quel bambino a prendere i frutti per lei, e si allontanò; ma nel percorso del cammino verso casa egli, preso da nostalgia di quella donna che amava, così bella da far mancare il fiato, si voltò, e vide che il ramo più alto e più carico di frutti si piegò misteriosamente verso Maria, cosicché  potesse attingervi. Giuseppe quindi capì e corse verso lei, la strinse a sè, e da lì iniziò la Storia come la conosciamo oggi: la Bellezza-Veritas, nel racconto Dio, che sembrava solo trascendente, decide di farsi uomo e quindi di passare da qualcosa che era in potenza come il fiore del ciliegio, a qualcosa che invece viene portato a frutto nel ventre di Miriam di Nazareth, come la ciliegia.
Salendo al quinto piano troviamo lo spolvero “L’Acqua del Cambiamento”: l’uomo che era a terra, distrutto, spiazzato e senza speranza, senza sapere cosa de-siderare né direzione verso cui andare, si trova di fronte alla Bellezza, qui impersonata ancora simbolicamente dal Femminile che genera Vita: questo permette a lui di rialzare la testa e con essa il suo essere, il potere della Bellezza che si rivela è quello dell’acqua contenuta nell’otre, l’acqua che è Vita e dalla quale secondo il mito è nata Venere, l’acqua che nel suo scorrere è percorso e cambiamento. La Bellezza che permette quindi alla Vita di tornare a scorrere.

All’ultimo piano si trova una statua in terracotta sempre raffigurante Venere: è il rafforzare il concetto della presenza reale della Bellezza; inoltre vi sono la conchiglia che stavolta è integra, “ricomposta”, insieme ad un piccolo vaso che rimanda all’acqua, e delle rose: sotto ai petali vi è una struttura a stella a 5 punte, quindi simbolica della stella della Bellezza, dalla quale parte il percorso a spirale dello sviluppo dei petali stessi, e perciò il percorso dell’Uomo che tende alla Bellezza (e che forse proviene da essa), e in più sono petali rossi, il colore del pathos di cui si scriveva prima: la Bellezza che nel suo rivelarsi deve appassionare l’Uomo, affinché possa tendere a essa e percepirla da e oltre la razionalità, in modo da fargli comprendere che vale la pena perseguirla, e di conseguenza renderlo capace anche di soffrire per essa, qualunque forma assuma per ogni individuo.

"Venustas Salutem Afferens", la Bellezza-che-viene-da-Venus/Venere che porta la salvezza all'Uomo.








martedì 23 giugno 2015

Stella del Mattino


Stella del Mattino, contè sanguigna e bianca su carta da spolvero, 65x46,25 cm, 2015.

La Stella del Mattino (altro nome di Venere, successivamente di Maria, che è anche Stella Maris) era ciò che guidava i marinai e i soldati durante la notte: come questi "desiderantes" cercavano la propria via, così l'Uomo deve usare come "bussola" la stella più luminosa, la stella della Bellezza che è Veritas. Le ciliegie sono legate ad una storia raccontata in versioni leggermente diverse sia nel vangelo apocrifo dello Pseudo Matteo sia nel Corano nel periodo che segue l'Annunciazione di Maria ("nuova Venere", varco per l'universo), e sono simbolo di questa Bellezza che è stata portata a compimento (in quel caso la nascita del Cristo), poichè sono il frutto del fiore dai cinque petali -numero dell'armonia di Venere-, permettendo così l'ascensione, nel simbolo della piramide a tre lati formata dai piccioli, generata dal triangolo formato dalle ciliegie che punta verso di noi. 


lunedì 2 marzo 2015




Varco per l'universo, Stella radiante,

Via del mistero lucente,

Da te traspare argenteo, inebriante,

Il dolce lume fuggente




sabato 21 febbraio 2015

Allegoria del Disegno




Contè sanguigna e bianca su carta da spolvero, 215x150 cm, 2015.



Questo disegno vuole raffigurare ciò che avviene durante l'atto creativo, cioè la conciliazione tra la razionalità del fare e della fisicità del mondo terreno, e la ricerca del Bello in quanto Vero: il disegnatore guarda oltre, ad un modello che non possiamo vedere e che non ci interessa sapere quale sia, perchè deve saper as-trarre dal dato reale, qualunque esso sia, quella realtà ideale che lo regge, e lo fa a partire dalla conoscenza dell’anatomia (il teschio) e quindi dal controllo del volume in tutti i suoi livelli.
Si tratta perciò della conciliazione tra idea trascendente e corpo immanente: l’ovale è la forma che racchiude le due "sfere", che tendono l'una verso l'altra (in quanto l'idea ha bisogno di velarsi di una forma per essere comunicata, così come la forma cerca il suo senso nell'idea); ma ancor di più si tratta della ricerca della Bellezza che è Veritas, e quindi di questa conciliazione tra i due mondi risolta che è rappresentata da Afrodite, che è ciò che deve i-spirare l'artista e guidarlo nel suo lavoro - da qui la mano sinistra, quella della passione e del "sentire" "irrazionale" che ha a che fare con il trascendente, che guida la sede del pensiero-. La giara bucata dietro al piede sinistro è un riferimento al mito delle Danaidi, condannate da Zeus a cercare di riempirla d’acqua per l’eternità: non è possibile conoscere la totalità delle cose.